Un desiderio. Un sogno. Grande così da sembrare irraggiungibile.
Mi trovo sull'aereo che da Buenos Aires mi sta portando nella Terra del fuoco, a Ushuaia. Si, proprio così. In quella cittadina alla fin del mundo che per anni avevo osservato in cartolina e sognavo di raggiungere.
L'aeroporto all'arrivo è piccolissimo, soltanto un attimo per ritirare la valigia e poi ti trovi subito fuori in mezzo ad un orizzonte immenso, dove intorno non c'è quasi nulla e dove questo aeroporto pare l'unica struttura esistente. Si, proprio così. Lo stupore è grande, unito alla meraviglia, quando il pulmino, con a bordo una quindicina di noi, prende la strada. Lunga, quasi deserta, in mezzo ad una natura selvaggia, incontaminata, mutevole, stupefacente. Dove in lontananza vedi montagne che sembrano disegnate su un orizzonte limpido, blu e verde. Ci si abitua fin da subito al poco traffico. All'aria frizzante pulita. A quei colori delicati che non avevi mai visto prima. Entriamo nella cittadina quasi in punta di piedi. Le case basse e colorate sembrano quelle di Bergen.
La strada in salita ci porta in albergo per lasciare qui le nostre cose e riposarci fino al giorno successivo. Una struttura tutta in legno. Stupisce il suo calore all'interno, dovuto, mi dice Rosaura, alla modalità di costruzione, con i pannelli isolanti, che permettono di mantenere il calore senza dover rincorrere al riscaldamento. E' estate qui ma non fa caldissimo. La temperatura si aggira intorno ai 12 gradi di giorno. Lasciamo la nostra roba in camera, Dany ed io, e in tutta fretta facciamo chiamare un taxi, per portarci in centro. Abbiamo alcune ore libere, sufficienti per fare un giro a piedi ed esplorare Ushuaia. Ricordo la mia compagna di avventura che ci troviamo nella Tierra del fuego, nominata così da Magellano quando, all'arrivo, egli vide i numerosi falò accesi dai nativi. L'emozione è grandissima, mentre quasi incredule ma profondamente grate, facciamo il nostro ingresso nella città.
Terra del Fuoco è una terra apparentemente poco ospitale, ma piena di fascino. Condivisa con il Chile che ne detiene i due terzi, la zona argentina si estende nella parte orientale della Isla Grande che a sua volta si divide in migliaia di isolette a sud verso il Capo Horn e l'Antartide. I venti al nord accarezzano le gelide pianure, mentre l'ovest e il sud abbracciano montagne coperte da alberi sempre verdi. La buona parte dell'isola è occupata dal Parque Nacional Tierra del Fuego.
Ushuaia, il capoluogo della Provincia della Terra del Fuoco, è considerata la città più australe del mondo. Stretta tra le vette montuose delle Ande e le acque gelide del Canale Beagle, è il centro turistico principale nonché il punto di partenza per quelli che vogliono visitare il Parco Nazionale, le Isole Malvinas o spingersi fino al Capo Horn o all'Antartide. Fondata nel 1884, la città allora contava appena un centinaio di abitanti mentre nel 1914 la comunità raggiunse circa 1500 persone. Popolata prima dai coloni inglesi e poi dai cacciatori d'oro, divenne una colonia penale quando il governo fece qui una prigione di massima sicurezza. I detenuti, costretti a vivere in condizioni disumane, venivano "premiati" per la buona condotta con la possibilità di lavorare. Parteciparono così alla costruzione della città realizzando anche le rotaie del treno del fin del mundo e spendendo il resto del loro tempo a disboscare e a costruire edifici e ponti. L'edificio più celebre di Ushuaia fu chiuso dal Peron nel 1947. Negli anni successivi la città crebbe con il supporto del governo argentino che cercò di favorire l'immigrazione e lo sviluppo urbano. Oggi prospera grazie al turismo e all'industria dell'assemblaggio di componenti elettronici e una buona parte della popolazione è di origine italiana.
Il centro di Ushuaia è caratterizzato dalla presenza di edifici in stile coloniale, dove la strada principale, l'Avenida San Martin, è piena di negozi, di bar e ristoranti. Entriamo in alcuni per curiosare ma i prezzi sono proibitivi e molto più alti che da noi. Compriamo solo una scheda aggiuntiva per la macchina fotografica. Le stradine brulicano di turisti e quasi tutti hanno uno zaino sulle spalle. Anche la maggioranza dei negozi vende l'abbigliamento da montagna e da trekking. Si respira ovunque l'aria dell'avventura. Sulla riva nel porto ci fermiamo ad osservare il relitto di un peschereccio e proseguiamo poi fino al Memoriale della Guerra per le Isole Malvinas, svoltasi tra l'Argentina e il Regno Unito nel 1982. Il fuoco perpetuo mi ricorda quello per le vittime del genocidio in Armenia. Darwin, Beagle e Fitzroy fanno parte del vocabolario toponimo qui da decenni ricordando l'importanza che hanno avuto le esplorazioni.
Al calar della sera l'aria si fa frizzante. Occorre essere ben coperti. La giornata è piuttosto lunga in questo periodo dell'anno e comincia a scurirsi intorno alle ventitrè. I chioschi nel porto vendono biglietti per le escursioni in catamarano lungo il Canale Beagle. Facciamo una breve sosta all'Ufficio Turistico per farci mettere un timbro ricordo sul passaporto, ben consapevoli che potrebbe essere la nostra prima e ultima volta qui. Ci parve un miraggio anche la Botega del libro, visto che la Dany ha promesso un libricino alla sua nipotina! Peccato però che è già chiuso e che dovremmo tornare domani. Prima rientrare in albergo, diamo giusto un'occhiatina a La Iglesia de la Merced, costruita dai carcerati. Sul taxi torniamo in silenzio, con il cuore pieno di gioia e gratitudine. Domani ci aspetta un'altra giornata da sogno.
Nella prossima puntata vi racconterò il nostro incontro con i pinguini di Magellano...