Elegante, ordinata, pulita. Estremamente pulita. Tirata a lucido, direi.
Un po’ grigia, molto sobria, dall’animo a tratti impenetrabile.
Non ha lo skyline di una metropoli moderna, ma l’aspetto della raffinata, tranquilla, antica capitale.
Con i suoi edifici bassi, perlopiù monocromatici, nei toni dal grigio al nero, intervallati da lunghissimi viali lustri e senza un filo d’erba fuori posto né una foglia caduta per caso (figuriamoci cicche, cartacce o macchie di alcunché).
E in mezzo a tetti grigi, alberi squadrati e cespugli dalle forme perfette spiccano i 2000 templi e i 17 siti Unesco di cui la città si fregia.
Piena di cose vedere dunque: tante, troppe! Sei giorni, se si comprendono anche le escursioni nei dintorni, sono appena sufficienti per abbracciarne tutte le bellezze. In sé non è una città che colpisce al cuore subito. Piuttosto, conquista piano piano. Scoprendosi con calma, svelandosi poco a poco. E quindi va vissuta, capita, ripensata a posteriori per poterla amare pienamente.
Un po’ algida, distaccata. Sarà che me la ero immaginata diversa: più verde, più colorata, più emozionante. Sarà che prima di lei ho visto Pechino e me ne sono innamorata follemente: per i templi maestosi e colorati, la musica proveniente da tante radioline per le strade e gli immensi parchi cittadini dove la gente va a fare ginnastica, praticare arti marziali o semplicemente esercitarsi in bella calligrafia tracciando ideogrammi sull’asfalto con un pennello intinto nell’acqua.
Sta di fatto che Kyoto l’ho trovata bellissima, meravigliosa, ma... fredda, con un’anima troppo nascosta.
Che ora mi manca tanto, e a cui ripenso con nostalgia ma che lì per lì è rimasta in superficie, non mi ha emozionata.
Così densa e complicata, comunque, che anche per scriverne, riordinando le idee di tutto quello che abbiamo visto, ho impiegato moltissimo tempo.
L’aspetto più bello e interessante, data la sua vastità, è il fatto di poterla/doverla girare un po’ con i treni, molto a piedi, ma soprattutto con gli autobus. La rete metropolitana non è così capillare, mentre gli autobus raggiungono praticamente ogni sito di interesse.
Prendere l’autobus a Kyoto
Una volta individuato l’ufficio che vende l’abbonamento giornaliero (del costo convenientissimo di 500 yen), presso la stazione centrale, e che fornisce anche una indispensabile cartina di tutte le linee, salire e scendere dai mezzi sarà una passeggiata di salute e uno studio sociologico estremamente formativo. Se state pensando a carrozzoni vecchi e malmessi (o anche nuovi ma già “provati”) colmi all’inverosimile, che rombano e sputacchiano fumi tossici impiegando tempi biblici tra una fermata e l’altra siete completamente fuori strada. Sulla puntualità degli autobus a Kyoto si possono rimettere gli orologi. Se sulla fermata c’è scritto che un autobus passa alle 9:04 state pur certi che alle 9:03 ne intravedrete già la sagoma in arrivo.
Come ci riescano, camminando su strada e non su dei binari, è un mistero che alcuni spiegano con l’estrema disciplina dei suoi utenti (non si perde tempo a cercare di salire ugualmente se l’autobus è pieno: semplicemente, se ne aspetta un altro e le cose filano via lisce e tranquille...). In ogni caso è motivo sempre di immenso stupore e ammirazione. Dopodiché, anche qua, ci sono delle piccole regole da rispettare: gli autobus si aspettano in fila indiana. Si sale dalla porta centrale e si scende da quella anteriore, accanto all’autista, non prima di avergli mostrato il pass giornaliero, o aver depositato presso di lui 230 yen (150 se si è bambini). Un cartello invita a premunirsi di monete, ma in ogni caso accanto all’autista (che ringrazierà e saluterà uno per uno i suoi passeggeri prima di congedarli) c’è una macchinetta cambiamonete.
Abbiamo visto con i nostri occhi gente scendere dalla porta centrale per via dell’autobus troppo affollato e fare una corsa, dall’esterno, verso quella anteriore, per mostrare comunque all’autista il proprio abbonamento.
Per loro un gesto normale, per noi una sorta di miracolo.
L’autista, oltre a: guidare; aprire e chiudere le portiere; visionare biglietti e abbonamenti; aiutare turisti impediti a selezionare le monete giuste; salutare e ringraziare fino alla nausea, è anche dotato di un microfono col quale annuncia le fermate (anche se già elencate da un disco automatico e mostrate su un display... ma la precisione non è mai troppa!) e avvisa che stiamo ripartendo quando si richiudono le porte.
Salire sull’autobus è come entrare in una casa o in un tempio, con l’unica differenza che qua non ci si deve togliere le scarpe. Ci si sente ospiti, graditi, ma si avverte, nettissima, la sensazione di doversi comportare a modo, per esempio parlando a bassa voce, se proprio non se ne può fare a meno.
E quindi ecco, familiarizzato con gli autobus e le loro meraviglie, si parte alla scoperta della città.
Da dove iniziare?
Innanzitutto, alloggiare in un albergo a 50 metri dalla stazione (e quindi anche dai capolinea degli autobus) si è rivelato quanto mai conveniente (Apa Hotel Kyoto Ekimae).
Poi la sveglia va necessariamente puntata all’alba: primo perché ogni tempio non è un semplice edificio in cui entrare, dare uno sguardo e andarsene, ma è costituito da un complesso, più o meno esteso, di templi minori, giardini, passerelle e qualche volta laghetti, il tutto su aree piuttosto estese che qualche volta si arrampicano pure su per dolci colline; poi perché l’orario di chiusura è alle 17:30, che nell’economia di una giornata significa prestissimo! Altra dritta: siccome a dispetto dell’idea che non so perché mi ero fatta di Kyoto, questa non è un piccolo centro raccolto, ma una estesa cittadona con enormi distanze da coprire, è fondamentale farsi un programma di massima prima di uscire dall’albergo e studiarsi bene le cartine per raggiungere i vari siti. Questo anche per non perdere tempo a consultare mappe (comunque distribuite in gran numero per tutta la città) non sempre di agevole lettura, considerato il solito discorso che le scritte in inglese sono ridotte all’essenziale e talvolta anche arrivati davanti a un tempio ci si troverà a chiedersi se è proprio quello che si stava cercando visto che il suo nome comparirà a caratteri cubitali in ideogrammi e in formato mini in alfabeto latino... Insomma, le difficoltà non mancheranno ma con un po’ di astuzia e di organizzazione preventiva si aggireranno facilmente.
Perdersi un po'
Essendo arrivati all'ora di pranzo in treno dall'aeroporto di Osaka, una volta depositati i bagagli in albergo (dal momento che il check-in avviene a partire dalle ore 15 e non un minuto prima) ci siamo limitati a un giro perlustrativo della Stazione centrale, che è anche l'edificio più moderno della città:un complesso di acciaio e vetro molto bello, comprendente svariati centri commerciali al suo interno. Scopriamo subito che è anche il posto più comodo in cui mangiare, considerata la vastissima gamma di ristoranti che offre (fra cui 10 soltanto di Ramen!).
A pomeriggio inoltrato una camminata per vie secondarie,a guardare la vita che scorre,cosa fanno le persone,come sono fatte le case e i negozi.Perdendosi in vicoli e vicoletti,
Può capitare, specie in alcune zone del centro, anche di camminare a lungo senza incontrare nemmeno uno spicchio di verde. Non un albero, non un aiuola, solo vasi di fiori molto colorati davanti alle porte delle abitazioni, a volte direttamente sulla strada. Belli e molto curati.
Ogni casa, anche la più piccola, ha un garage, anche se la macchina è troppo lunga e non c'entra: ma non ci sono porte e quell'appendice di casa confluisce liberamente nel paesaggio circostante.
Arriviamo fino a Ponto-Cho,quartiere con case tradizionali illuminate da tante lanterne
e questa Kyoto, così rilassante e tranquilla, pare già una grande amica, che anche dall'altra parte del mondo, ti fa sentire a casa.
Gli imperdibili
La sveglia suona alle 5 e con la linea JR Nara (su cui vale il Japan Rail Pass) raggiungiamo uno dei siti più noti (e frequentati) di Kyoto, il Fushimi-Inari-Taisha, dedicato agli dei protettori del riso e del sakè.
Gallerie infinite di torii (porte di ingresso dei santuari shintoisti) arancioni si inerpicano fra i boschi sul monte Inari-san per circa 4 km passando attraverso innumerevoli tempietti minori, tombe, statue votive, altari e stazioni di preghiera. Luogo imperdibile e suggestivo che richiede un certo sforzo, oltre che per visitarlo alle prima luci dell'alba evitando così folle di visitatori, anche per compiere l'intero tragitto in salita. Noi siamo arrivati a circa metà percorso, dopodiché abbiamo preferito cominciare la discesa per poter visitare altre cose.
Usciti da lì riprendiamo il treno e, tornati alla stazione centrale, con l'autobus 206 ci dedichiamo alla visita di Higashiyama Sud (zona delle montagne orientali), che la Lonely Planet esorta a mettere come assolutamente prioritaria nell'itinerario di visita della città, mentre personalmente ho amato molto di più Higashiyama Nord. Un po' perché, la prima era strapiena di gente, un po' anche perché purtroppo alcuni templi erano in ristrutturazione, ma è anche vero che ci sono dei luoghi nemmeno citati nella guida, scoperti per puro caso, davanti ai quali invece siamo rimasti a bocca aperta. Come per esempio una strada alternativa per arrivare al tempio buddista Kyomizu-Dera (anziché la classica, fatta di bancarelle di cibo e souvenir), che costeggia un suggestivo cimitero abbarbicato su una collina. Lapidi a perdita d'occhio in un'atmosfera rarefatta dove la folla è solo un lontanissimo brusio.
Il tempio principale (insieme a tutti gli altri;che anche qui la questione non è semplice!) si trova in cima a questa collina da cui si gode un'ampia vista della città (a patto di riuscire a farsi strada tra la folla).
Alla sua base sgorga una cascata davanti alla quale i visitatori fanno la fila per bere le sue acque sacre che sembra donino salute e longevità.
A valle del tempio si trova un bel quartiere (ben indicato), costituito da due strade principali, Ninen-zaka e Sannen-zaka, su sui si affacciano case di legno, botteghe artigiane, chioschi e ristoranti. Molto caratteristico, merita una visita, ma i prezzi sono perlopiù inavvicinabili!
Proseguendo a piedi costeggiamo (dando però solo uno sguardo complessivo e abbastanza rapido) i templi buddisti Kodai-ji, Chion-in (sede della scuola buddista Jodo, la più diffusa in Giappone) e Shoren-in.
Il nostro obiettivo è infatti tornare verso l'albergo per poter fare un breve pit stop, non prima però di aver visitato il magnifico tempio buddhista poco distante, Higashi Hongan-ji.
Il padiglione principale è la seconda struttura in legno più grande del Giappone e nel corridoio fra i due edifici principali è esposta una fune realizzata con i capelli donati da volontarie alla fine dell'800 in seguito a un incendio devastante, allo scopo di intrecciare corde utili ai lavori di ricostruzione.
Con le ultime forze rimaste, dedichiamo la serata a visitare il quartiere di Gion,
famoso per i ristoranti, le sale da tè tradizionali e soprattutto la possibilità di poter avvistare una vera geisha, arrivando fino a Shinbashi, considerata una delle strade più belle di Kyoto e, secondo la LP, addirittura di tutta l'Asia;
I sorprendenti
Sempre con la sveglia puntata alle 5 ci dedichiamo alla zona nord-ovest della città, prendendo l'autobus n.28 e scendendo alla fermata Arashiyama-Tenryuji-mae e puntando dritti al tempio buddista Tenryuji,caratterizzato da un magnifico giardino zen. Piccola nota tecnica: si pagano due biglietti, rispettivamente per il tempio e per il giardino ma a posteriori conviene farne soltanto uno, magari privilegiando l'esterno, considerando che il tempio si vede perfettamente da fuori, in ogni sua parte (e viceversa).
Uscendo da qui ci si troverà direttamente nel Bosco di bambù,luogo imperdibile per la sua particolarità, ma difficile da apprezzare pienamente visto il passaggio continuo, al suo interno, di taxi che scaricano studenti e visitatori vari. Nel nostro caso era in corso perfino un servizio fotografico che intralciava il passaggio creando scompiglio! Incredibili e piene di fascino le altissime canne di bambù che si susseguono facendo filtrare appena la luce del sole e regalando sfumature quasi magiche di colore.
Da lì proseguiamo con l'autobus n.59 per il Kinkaku-ji,uno degli edifici più famosi di tutto il Giappone, antica residenza dello Shogun, poi trasformata in tempio. È noto come "Padiglione d'oro", per essere appunto interamente rivestito di una lamina d'oro.
Peccato non ci fosse il sole, ma il colpo d'occhio è ugualmente molto affascinante, nonostante si debba procedere in fila indiana per la folla immensa che lo visita a ogni ora del giorno.
A piedi raggiungiamo il Ryoan-ji, altro tempio buddhista dall'aspetto austero e misterioso, caratterizzato da uno giardino "secco", costituito da una distesa di sabbia bianca su cui sono posizionate 15 rocce. Pare che in realtà queste ultime siano 16 ma solo gli illuminati riescano a vederle tutte;
Fra una visita e l'altra si è fatta l'ora di pranzo, perciò ci infiliamo in un ristorante tradizionale, attratti dalla sua aria calma e rilassatae proviamo anche l'ebrezza di un pranzo seduti sul tatami gustando (un po' perplessi) due varietà di ramen fra cui gli Tsukemen (serviti -molto- freddi, con brodo a parte) e sakè.
Per nulla rifocillati risaliamo su un autobus diretti, questa volta, al castello Nijo-jo,
imponente palazzo (costituito da 5 edifici) circondato da bellissimi giardini pieni di ciliegi e siepi di azalee. Ci arriviamo fortunatamente verso l'ora di chiusura e quindi un po' della fiumana di visitatori è scemata. Purtroppo non è possibile fotografare l'interno, ma le foto non renderebbero comunque la particolarità delle sue stanze dipinte e soprattutto il pavimento "a usignolo", che scricchiola a ogni passo e che fu costruito così a scopi difensivi.
La LP non si spertica in lodi su questo posto, a noi è piaciuto immensamente.
Gli indimenticabili
Ci dedichiamo alla parte per me più affascinante e imperdibile di Kyoto: Higashiyama Nord, ricchissima di siti, uno più bello dell'altro. Oltretutto abbiamo la fortuna di non incappare in folle oceaniche come nei templi precedenti e questo contribuisce moltissimo a farci apprezzare ogni singola cosa.
Partiamo come sempre all'alba e come sempre dalla stazione centrale. Questa volta con l'autobus n. 5, scendendo alla fermata Eikando-Michi per iniziare il nostro itinerario dal complesso templare del Nanzen-Ji. Dalla fermata, trovarlo non è proprio intuitivo anche perché le indicazioni, a parte un paio proprio all'inizio del percorso, sono tutte rigorosamente in giapponese (comunque, per raccapezzarsi un po' una volta sul posto, si trova nella via esattamente parallela a quella dello zoo;).
Finalmente lo raggiungiamo, anche perché come prima cosa ci si staglia davanti lo stupendo e maestoso edificio principale al quale volendo si può accedere (a pagamento) per salire al primo piano e godere di una bella vista sulla città. Noi lo troviamo ancora chiuso ma in ogni caso avremmo proseguito visto che questo è solo una piccolissima parte di tutta una moltitudine di templi minori, giardini e percorsi nel bosco.
La parte più suggestiva e di solito trascurata infatti è il Nanzen-ji Oku-no-in,un piccolo santuario nascosto sulla montagna e raggiungibile dopo una bella camminata in mezzo al bosco che prima passa accanto a un cimitero e poi si inerpica su una scalinata che facilita un po' le cose. Il punto di arrivo è una suggestiva cascata sotto la quale i fedeli pregano stando in piedi, anche in pieno inverno. Nonostante il tempo grigio e lo scarso flusso d' acqua, il luogo, visitato all'alba in completa solitudine, è colmo di fascino e perfino vagamente inquietante.
Ridiscesi dal bosco e tornati sulla via principale fuori del tempio cerchiamo le indicazioni per il Tetsugaku-no-Michi, meglio noto come Il sentiero della filosofia, una bellissima passeggiata di circa 40 minuti lungo un canale tra alberi in fiore, piante di ogni tipo, casette di legno, anche un po' strambe, e pace assoluta.
Circa a metà percorso si trova l'indicazione per l'Eikando: il tempio, nel momento in cui arriviamo noi, non è aperto alle visite ma il contesto e i suoi giardini meritano assolutamente la deviazione.
Riprendiamo al nostra strada fino a raggiungere un altro famoso e bellissimo tempio, il Ginkaku-ji,noto anche come Padiglione d'argento, (anche se il progetto dello shogun di rivestirlo interamente con uno strato di argento non fu poi mai realizzato), dove termina il Sentiero della Filosofia.
Qui tra scolaresche e turisti vari, la folla è immensa. Il tempio in sé è oscurato dalla bellezza assoluta del suo giardino, fatto di "laghi" di sabbia bianca meticolosamente rastrellata, coni costruiti in modo che riflettano la luce della luna, e poi pini altissimi, distese erbose così perfette da sembrare dipinte, scorci panoramici che si aprono all'improvviso e perfino un sentiero che si inerpica sulla montagna. Da passarci tranquillamente mezza giornata per vederlo tutto con calma e in ogni sua parte. Ma decidiamo di lasciar perdere la salita sul monte e proseguire nel nostro itinerario.
Appena fuori dal tempio, a parte uno spuntino a base di Dango (palline di riso glutinoso infilzate su uno spiedo e arrostite, poi ricoperte di salsa di soia dolce) riprendiamo l'autobus per raggiungere la zona in cui sorge il Palazzo Imperiale (Gosho), che prevede un percorso burocratico un po' complesso per poter essere visitato, ma noi ci accontentiamo di vederne la maestosità da fuori e di godere la piacevolezza del suo parco circostante.
Non è più abitato dalla famiglia imperiale anche se vi si tengono ancora le incoronazioni e altre cerimonie di stato. Non è sicuramente una delle principali attrattive di Kyoto ma noi desideravamo vederlo e non ce ne siamo pentiti.
Il quinto e sesto giorno li dedichiamo a escursioni nel dintorni di Kyoto (Nara e Hiroshima) di cui parlerò nei prossimi post.
Siamo consapevoli del fatto che nonostante quattro giorni intensissimi abbiamo trascurato tante altre cose che avremmo voluto vedere. Una su tutte il mercato Nishiki, nemmeno troppo distante dal nostro albergo, ma abbiamo preferito privilegiare altre mete comprese le vie dello shopping, qualche centro commerciale e un supermercato locale, come facciamo sempre, in ogni nuovo paese che visitiamo.
Ho letto da qualche parte che Kyoto è una città in cui anche passandoci un mese non ci si annoia mai e ho riscontrato che è proprio così perché più spuntavo la lista delle cose che mi ero prefissata di vedere, più aumentavano i desiderata.
Mi è piaciuto tanto girarla con gli autobus, cosa che non abbiamo mai fatto con una tale facilità e un tale piacere in nessun'altra città del mondo, a cominciare dalla nostra, in cui personalmente li evito come la peste.
Ho apprezzato un po' meno la cucina ma questo in generale durante tutto il viaggio, per questo ho deciso di parlarne, globalmente, in un post a parte.
Ho trovato però comodo e congeniale, come suggeriva la LP, mangiare negli innumerevoli locali della stazione e soprattutto all'Eat Paradise, dei grandi magazzini Isetan, dove un intero piano è dedicato al cibo pronto, da asporto, con innumerevoli e sorprendenti proposte di ogni tipo.
Non è economico, e ci si lascia prendere facilmente la mano fra la varietà pressoché infinita di proposte e assaggi che spaziano dal dolce al salato, dal crudo al cotto, dal pesce alla carne, ai fritti, per terminare con i centrifugati di frutta e verdura.
Nonostante le sue enormi bellezze è una città in cui andare (magari una seconda volta) senza programmi né itinerari da seguire. Semplicemente per viverla con la sua stessa calma e tranquillità, mischiandosi fra i suoi abitanti, seguendone le abitudini, assaporandone usi e costumi.