Un breve viaggio nel centro-sud dell'Italia, in tre luoghi che riassumono in se parte della nostra storia e della nostra cultura.
San Galgano è un luogo solitario e che induce alla meditazione, si trova nella rigogliosa campagna senese nei pressi della collina Montesiepi sulla cui sommità sorge l'omonima rotonda.
Tra i campi di terra grassa rivoltata di recente dagli erpici ed il verde delle querce e dei pini si erge l'abbazia di San Galgano, una chiesa oggi sconsacrata e totalmente priva di copertura e di pavimentazione. Solo i muri maestri ed i pilastri della navata e dei transetti sono ancora eretti, sorreggono i timpani orientali ed occidentale come nulla fosse, lo stile costruttivo è inequivocabilmente il gotico.
La storia racconta che in questo luogo, Galgano Guidotti, un uomo nato nel 1148 a Chiusdino, piccolo comune poco distante dall'abbazia, nel 1180 dopo aver vissuto una vita dissoluta decise di pentirsi e di abbracciare la fede cattolica. In quell'occasione compi'un gesto che simboleggiò il suo ripudiare la propria vita vissuta fino a quel momento, piantò nel terreno la sua spada, con la quale aveva arrecato sofferenza a molte persone e, per incanto, l'elsa dell'arma si trasformò da strumento di morte a croce cristiana. Dopo un solo anno, nel 1181 Galgano Guidotti mori' e successivamente fu canonizzato e divenne cosi San Galgano, in suo ricordo fu eretta una abbazia, quella visibile ancor oggi, consacrata nel 1288 la quale all'epoca e per un lungo periodo (fino al 1718) fu il centro della vita ecclesiastica e sociale della zona.
Quest'oggi il tempo è brutto, nuvole basse sulle colline incominciano e far cadere pioggia e la temperatura è tutt'altro che benevola, fa freddo e l'atmosfera è di tristezza diffusa anche se dal salone centrale di un'agriturismo poco distante dai ruderi dell'abbazia arrivano grida di festa.
Città sospesa tra le nuvole?... o città sulle nuvole? Quale di queste due affermazioni è vera? Probabilmente entrambe, certo è che una volta giunti alla estrema propaggine est di Bagnoregio, l'impressione che la sua frazione Civita, in alcune giornate con le nuvole basse, risieda al di sopra di ogni cosa assume i contorni della realtà.
Si tratta di un borgo composto da edifici costruiti in blocchi di tufo, situato sul crinale di un costone di roccia circondato da due vallate in cui scorrono le acque dei fiumi rio Chiaro e rio Torbido, secondo l'ultimo censimento ( i dati sono aggiornati al 2021) è abitato da undici persone e fu fondato in epoca etrusca circa 2500 anni fa.
Un ponte di moderna costruzione, il cui piano stradale poggia su archi di moderna fattura in calcestruzzo armato conduce direttamente al borgo di Civita, siamo in provincia di Viterbo, a pochi chilometri da Orvieto e dal lago di Bolsena collocato, rispetto al borgo, ad occidente. Il ponte è chiuso al traffico automobilistico, solo alcuni motocarri provvisti di autorizzazione possono attraversarlo per recarsi nel borgo abitato per la consegna dei generi di prima necessità. L'assenza di motori a scoppio fa si che il silenzio risieda ovunque, un silenzio rotto solo dal rumore delle nuvole che si spostano in continuazione a vista d'occhio. Di conseguenza, il paesaggio delle vallate circostanti che ammiriamo dal ponte mentre ci avviciniamo all'entrata di Civita muta in continuazione, non solo da un punto di vista cromatico ma anche di consistenza, infatti, alberi, rupi, spazi aperti e picchi appaiono e scompaiono a piacimento di quella mano invisibile che muove le correnti d'aria sopra di noi.
Dopo un breve tratto in discesa la sede stradale del ponte incomincia a salire, non è una salita molto impegnativa ma lo è abbastanza per rallentare il nostro passo comunque, dopo alcuni minuti, giungiamo all'unica entrata di Civita, la porta di santa Maria o porta della Cava, attraversatala entriamo nel borgo.
Dopo alcuni minuti giungiamo nel centro nevralgico (se cosi si può dire) di Civita di Bagnoregio, la piazza prospiciente la chiesa di San Donato, l'unica presente nel borgo. L'edificio ecclesiastico non è particolarmente ricco di reliquie a parte il ss. Crocifisso ligneo, nel complesso le linee architettoniche che definiscono la facciata principale rivolta ad ovest denotano eleganza, un'eleganza accentuata dalla snellezza del bel campanile di pianta quadrata situato a nord della facciata. Dal momento in cui abbiamo attraversato la porta di santa Maria abbiamo percorso solo qualche decina di metri e sono passate poche decine di minuti, tuttavia, dalle prime occhiate che abbiamo lanciato qua e là, l'impressione che ci siamo formati è univoca: ci troviamo in un mondo a parte che viaggià a velocità elevata mentre si allontana da quello moderno che siamo abituati a percepire normalmente, fatto di rumore che sovente si trasforma in chiasso assordante e caos, anche se ordinato. Lasciata la chiesa di San Domenico alle nostre spalle ci addentriamo nei vicoli di Civita camminando in direzione est, alcuni bagliori di azzurro che provengono dall'alto ci mostrano un cielo parzialmente sgombro di nuvole, i colori delle murature di tufo, con cui sono composte le case, varia dall'ocra alla terra di Siena bruciata, il verde delle piante contenute in vasi di coccio esposti fuori da porte e finestre esalta e completa l'armonia cromatica che ci circonda. Le porte di ingresso delle abitazioni sono quasi sempre incorniciate da archi di pietra e ad esse si accede dopo aver salito qualche gradino, le abitazioni sono di fatto sollevate di qualche decina di centimetri dal piano di calpestio composto, a sua volta, da blocchi di basolato. Ogni tanto il rumore di una finestra, aperta da uno degli undici abitanti di Civita, rompe il silenzio che avvolge per intero il borgo, due gatti giocano tra di loro su un cornicione mentre alcuni loro compagni passeggiano al nostro fianco, per nulla intimoriti dalla nostra presenza. Tra una abitazione e l'altra spesso ammiriamo piccoli cortili tappezzati di fiori e da un tappeto d'erba verde, sul quale stazionano tavolini e sedie quasi sempre di ferro battuto. Civita è il borgo ideale nel quale cercare quella solitudine positiva che permette ai pensieri di venire a galla e di essere raccolti a mazzi dai meandri della mente, in altre parole, questo luogo induce alle riflessione personali più intime ritenendole normali e non bisognose di essere nascoste. Percorso il ponte in senso inverso per andarcene (a malincuore) da Civita ritorniamo alla propaggine orientale dalla quale qualche ora prima il borgo ci era apparso per la prima volta. Aspettiamo pazienti che le nuvole basse ci permettano di vedere il crinale con in cima Civita in tutto il suo profilo, con un po' di pazienza esso ci appare nitido per qualche istante in tutta la sua estensione, con le vallate del rio Chiaro e del rio Torbido che lo circondano pacificamente.
La carreggiata è molto stretta ed essendo l'unica via che collega in linea retta tutti i comuni della costiera amalfitana, viene percorsa ogni giorno da ogni tipo di veicolo che può circolare su strada. E cosi, molto spesso, i guidatori possono trovarsi di fronte un veicolo che proviene in senso contrario in uscita da una curva con poco preavviso, oppure possono rimanere invischiati in lunghe code sotto il sole attendendo che due mezzi pesanti, rimasti "incastrati" in una curva o in un tratto particolarmente stretto, risolvano il problema di chi passa per primo.
Problemi di traffico a parte, il tracciato della strada permette anche di godere dei panorami che mostrano la composizione della costa. Macchia mediterranea ovunque, larici, pini marittimi e limoni spuntano da terra e puntano verso il cielo con le loro fronde sempreverdi, la conformazione della costa si rivela ricca di anfratti e sporgenze a picco sul mare, gli strapiombi arrivano fino al centinaio di metri di altezza in alcuni casi e, dalla loro sommità, si può godere dell'immenso spazio circostante riempito con sagacia dal mare. Da uno di questi anfratti, una rientranza che porta prima verso il basso e poi verso l'alto, il golfo prospiciente la costiera amalfitana si stende in basso fino all'orizzonte, bagnando in lontananza le isole di Capri ed Ischia, che appaiono li, a portata di mano.
In costiera ci arriviamo lunedi a sera inoltrata, il tempo è brutto, una pioggia insistente ci accompagna da Napoli e rende la guida molto difficoltosa e, come se non bastasse,la strada della costiera è senza illuminazione tranne i centri abitati per cui l'attenzione è massima fino a destinazione, Hotel dei Saraceni a Praiano, dove arriviamo verso le otto. Il titolare dell'albergo ci riceve con cortesia, ci spiega quali locali sono aperti per poter cenare (siamo fuori stagione, in regime di pandemia e quindi la ricezione turistica non è al massimo della sua capacità) e ci fornisce alcune indicazioni su cosa fare e quali luoghi visitare per trascorrere una vacanza piacevole. L'Hotel è molto bello e confortevole, ricavato direttamente nella parete della montagna, è rifinito internamente con piastrelle di maiolica colorata la cui produzione seriale costituisce una delle attività industriali più fiorenti della zona.
La camera è molto grande e dotata di due balconcini che si affacciano sul mare, la vista con la luce diurna promette di essere magnifica.
Si cena in una pizzeria poco distante dall'albergo, alla ricerca della famosa pizza napoletana, il locale si snoda su due piani ed al suo interno i pochi avventori sono illuminati da una luce soffusa che crea una atmosfera quasi familiare.
Il giorno dopo è martedi ed il cielo è sgombro da nuvole, via la pioggia ed ecco il sole del golfo di Sorrento campeggiare nel cielo azzurro, subito dopo colazione, particolarmente abbondante, partiamo alla volta della prima meta della giornata, si tratta di una delle località più famose della costiera amalfitana, Positano.
Se l'intenzione è quella di visitare un centro abitato come Positano, la prima cosa che si deve fare una volta li giunti è quella di cercare un garage in cui parcheggiare l'auto o la motocicletta, infatti, data la stretta sezione della strade e gli spazi di parcheggio a bordo strada pressochè inesistenti, il garage privato resta l'unica soluzione praticabile al problema parcheggio, bisogna accettarla ed accettarne di pagare il relativo prezzo, circa cinque euro l'ora.
Il garage che scegliamo si trova circa a mezza via tra la cima della collina su cui sorge il paese ed il mare, per cui, dopo aver parcheggiato ed aver lasciato le chiavi della macchina al custode discendiamo a piedi fino alla spiaggia seguendo il decorso della strada principale che attraversa e circonda Positano, su una parte dell'arenile si affaccia il sagrato della cattedrale di Santa Maria Assunta.
Le tipiche case rifinite a calce bianca o dipinte a tinte pastello, quasi tutte senza spioventi e con terrazze a cielo aperto si alternano, ai lati della strada, a zone riempite di cespugli ed arbusti tipici della macchia mediterranea, contenute da muretti a secco costruiti con blocchi squadrati di tufo color ocra.
Dopo aver percorso qualche centinaio di metri ed aver preso coscienza del luogo, mi chiedo perché questo paese sia cosi famoso nel mondo, dal momento che non vedo in vista nessuna novità storico-architettonica di rilievo, cattedrale di santa Maria Assunta a parte.
L'unica nota di rilievo, se cosi si può dire, è costituita dai prezzi degli articoli esposti in qualche vetrina che incontriamo lungo il percorso, a prescindere dal genere di articolo trattato, essi sono sempre proibitivi, segno che il luogo è frequentato da gente altolocata e benestante.
Tutto il tratto di costa che va da Positano ad Amalfi è rinomato per essere frequentato da industriali, attori e gente dello spettacolo che tra le pieghe di queste colline hanno acquistato ville da sogno per farne la sede delle proprie vacanze, tutto questo genera un turismo al traino della notorietà e riversa normalmente migliaia di persone a passeggio tra queste vie in cerca di una pezzo di notorietà riflessa.
Dopo circa un quarto d'ora giungiamo in fondo al nostro cammino, dopo aver percorso una serie di vicoli stretti tempestati di negozietti di ogni tipo ammiriamo il sagrato della basilica di Positano, Santa Maria Assunta, e le possenti mura del portale ovest. La chiesa, fondata nel X secolo dai monaci locali, oggi, a causa della pandemia non è visitabile, il campanile, la cui pianta è a sezione quadrata, si erge sul lato del sagrato come corpo indipendente dal complesso ecclesiastico. Scesa l'ultima rampa di scale ci troviamo sulla spiaggia di Positano, dove abitualmente file ordinate di ombrelloni colorati servono i bagnanti che per lo più risiedono nelle strutture alberghiere raccolte attorno al centro cittadino. Percorriamo la spiaggia da un'estremo all'altro camminando sui ciottoli di lava levigati dal vento e dall'azione delle onde, oggi il mare è poco agitato ed ogni tanto qualche onda si infrange rumorosamente e con grande dispersione di spruzzi contro la banchina di cemento e pietra situata all'estremo ovest della spiaggia, usata per l'attracco dei natanti di piccolo cabotaggio. Lasciata la spiaggia alle nostre spalle ci addentriamo nei vicoli situati nelle immediate vicinanze, le persone che quest'oggi affollano il centro del paese sono quasi tutte qui. E' praticamente impossibile camminare senza pestare i piedi a qualcuno, pertanto ci sfiliamo da questa mentalità e ci portiamo alla fermata dell'autobus navetta che ci riporterà al garage.
Ritorniamo a Praiano, il mezzogiorno è passato da un pezzo e decidiamo di mangiare qualcosa in un locale al quale si accede direttamente dalla statale salendo una scalinata che si inerpica su per il fianco della collina, la macchina è parcheggiata in un piccolo slargo della statale, protetta da un muretto basso verso la scarpata: speriamo bene!
Quando iniziamo a visitare Praiano è ormai pomeriggio inoltrato, anche se siamo alla fine di settembre il caldo si fa sentire nelle ore centrali della giornata per cui si può facilmente immaginare quali siano le temperature che si raggiungono da queste parti in piena estate.
Il monumento più importante del paese è la chiesa di San Gennaro, un'edificio ecclesiastico del cinquecento in stile barocco che presenta la tipica pianta a croce latina con l'ingresso principale, il portale occidentale, rivolto ad ovest ed illuminato in pieno dal sole che sta iniziando l'ultimo tratto della sua traiettoria giornaliera, tra poche ore scomparirà nel mare dietro l'orizzonte.
Il portale occidentale è dipinto con una tinta che si può definire un giallo di Napoli scuro, i raggi del sole paiono incendiare l'intero muro ed il riflesso mette in evidenza la pavimentazione prospiciente la facciata, composta da un mosaico di tessere di maiolica colorata rosso, blu. verde, giallo ed altri colori, tutti molto vivaci, su di essa sta incominciando a comparire qualche ragazzino che gioca al pallone nella speranza di poter imitare le gesta di un'eroe popolare che da queste parti è ancora oggi venerato, Maradona.
Seguendo un sentiero lastricato in pietra scendiamo verso la spiaggia di Praiano, il tragitto ci porta a contatto con la porta d'ingresso delle abitazioni, in alcuni casi addirittura passiamo di fianco ai patii delle piccole villette che guardano il mare, i cui muri sono ricoperti da spezie di produzione locale quali collane di aglio o rampicanti verdi profumati, non esiste una vera e propria separazione tra la privacy dei proprietari e gli estranei che passeggiano sul sentiero diretto a mare.
L'ultimo tratto di discesa alla spiaggia è completamente immerso nel verde della macchia mediterranea al termine del quale sta un piccolo porticciolo con barche tirate in secca, oltre il quale la spianata di cemento che costituisce la spiaggia di Praiano, sul cui bordo si infrangono rumorosamente le onde.
Il giorno seguente, mercoledi, l'ultimo di questa brevissima vacanza e sarà dedicato alla città di Amalfi e dei suoi dintorni.
Amalfi, con Genova, Pisa e Venezia fu una delle quattro principali repubbliche marinare che, grazie all'attività particolarmente intensa dei rispettivi porti commerciali e militari, ottennero tra il IX ed il XVI secolo l'indipendenza economica e politica dallo Stato. Complessivamente, il fenomeno delle repubbliche marinare durò quasi sette secoli, nel corso della loro storia altre città come Ragusa, Ancona e Noli si aggiunsero all'elenco tuttavia, l'importanza e lo splendore di Amalfi si esaurirono alla fine del secolo XI, oggi resta una città che si erge sulla costiera con un gruppo di edifici dalle facciate colorate affacciato direttamente sul porto, i colori risplendono particolarmente al mattino illuminate dai raggi del sole che giungono da oriente.
Dal porto di Amalfi incomincia la nostra visita alla città.
La prima meta è la "Grotta dello smeraldo" alla quale giungiamo dopo un breve tragitto in barca con partenza (ed arrivo) da uno dei moli turistici del porto. A bordo del piccolo natante pilotato da un capitano del posto ci sono poche persone tra le quali spiccano due giovani seduti a poppavia. Poco prima dell'attracco al rientro si scoprirà che i due, un giovanotto bianco ed una bella ragazza di colore sono nella realtà una coppia di giovani americani in luna di miele, sembrano felici insieme.
Giunti alla grotta "trasbordiamo" su una piccola barca a remi condotta da un barcaiolo che ci porta all'interno nello specchio d'acqua circoscritto da alte pareti di roccia, la grotta vera e propria, egli, tra un colpo di remi e l'altro ci spiega che nella parete di roccia confinante con il mare aperto esiste un grosso foro (visibile ad occhio nudo senza particolari accorgimenti) dal quale parte un tunnel di roccia che mette in comunicazione l'interno della grotta con il mare aperto.
Dal questo tunnel entra la luce del giorno ed illumina l'acqua che ristagna nella grotta. Il fenomeno di rifrazione/riflessione della luce al contatto con l'acqua genera, in contrasto con il buio dell'interno, il colore verde smeraldo dell'acqua dal quale deriva il nome della grotta stessa.
Ma la grotta dello smeraldo è famosa anche per un'altro motivo.
Mare permettendo, il giorno di Natale di ogni anno un gruppo di subacquei si introduce nella grotta utilizzando il tunnel di roccia partendo dal mare aperto, recano con se una piccola statua del Bambino Gesù che depositeranno in una zona all'asciutto all'interno della grotta, una sorta di processione subacquea per celebrare il rito del SS. Natale.
La cattedrale di Sant'Andrea, meglio conosciuta come il Duomo di Amalfi, è l'edificio ecclesiastico più importante della città e dell'intera zona, la sua costruzione è iniziata nel IX secolo in piena era romanica ed è proseguita nel tempo riassumendo, nelle sue componenti come cappelle, portici e colonnati, arazzi e pitture i diversi stili architettonici che, via via, si sono succeduti nel tempo e che hanno scritto la storia dell'arte dell'alto e basso medioevo europeo: gotico, bizantino e barocco.
Il Duomo si trova a brevissima distanza del porto, giusto qualche decina di metri, nella piazza prospiciente l'ingresso principale si trovano svariati edifici commerciali, soprattutto bar, gelaterie e cartelloni pubblicitari che, con i loro tavolini all'aperto e le tele colorate, "sporcano" la prospettiva della facciata.
Nonostante questo si apprezza lo stesso, più in maniera intuitiva che visiva, la policromia marmorea che orna archi, pilastri e pareti di facciata.
L'ingresso principale si trova rivolto ad ovest applicando un concetto basilare nel tracciamento degli assi di una cattedrale di questo tipo e vi si accede dopo aver salito una lunga scalinata di cemento che parte direttamente dalla piazza.
L'interno è particolarmente ricco di oggetti di pregio e. per questo, molto apprezzabile, la luce che penetra dalle vetrate artistiche laterali illumina i muri dipinti di bianco spento, la luce che scaturisce è riposante e tranquilla. Anche la sottostante cripta non è particolarmente opprimente, le reliquie presenti meriterebbero un'approfondito esame dettagliato ma non è intendimento di questo scritto entrare in quel merito, mi limito solo a citare le cose principali che sono custodite nel Duomo, come ad esempio, il chiostro del Paradiso. Si tratta di un'area quadrata circoscritta da un colonnato con archi a sesto acuto e dipinto di bianco sotto il quale si snoda il camminamento laterale, il giardino sito al centro dell'area è molto ben curato e ricco di piante sempreverdi, nel suo insieme area centrale, colonnato e giardino conferiscono un senso di tranquillità ed invitano alla riflessione, da qui il nome di Chiostro del Paradiso.
Terminata la visita al Duomo usciamo all'esterno e ci immettiamo nella via principale del centro storico della città, via Lorenzo d'Amalfi.
Il sole incomincia a far sentire il suo calore, siamo ormai prossimi al mezzogiorno, la strada è percorsa di turisti e gente del posto che camminano abbastanza distanziati tra di loro, a destra ed a sinistra dipartono dalla via stradine dalla sezione ristretta, una buona parte di esse è impraticabile all'accesso ai veicoli a motore in quanto sono composte da scalinate che portano in cima alla strada sulla quale si trova la porta d'ingresso di un edificio.
Tutto quanto nel suo insieme da il senso del raccoglimento, della protezione reciproca, finestre e balconi sono a cosi stretto contatto tra di loro da indurre chiunque a conoscere il vicino ed ad iniziare con esso una conversazione; o un pettegolezzo, in funzione delle circostanze e delle persone coinvolte.
Le strade conducono generalmente a piccole piazze sulle quali si affacciano le facciate delle case a due-tre piani, quasi tutte dipinte di bianco o con tinte molto chiare per schermare l'interno dal calore del sole, troviamo posto in un ristorante tipico del luogo con un menù denso di piatti a base di pesce a buon mercato. Il periodo che stiamo vivendo è fortemente contrassegnato dalla pandemia da Covid-19, le persone in circolazione sono poche ed i turisti come noi sono ridotti al minimo, considerando anche che siamo completamente fuori stagione. Questo fatto da un lato comporta un vantaggio, i disturbi da cellulari e da conversazioni noiose sono fortemente ridotti (sempre presenti comunque, purtroppo) ma comporta anche un'inevitabile svantaggio per l'economia che, come si sa, in questo periodo di pandemia è fortemente in crisi, le attività commerciali rischiano seriamente di dover cessare attività.
Villa Ravello è la località nella quale vorresti essere assolutamente in alcuni momenti della vita, specialmente in quelli in cui ricerchi tranquillità.
Non tanto per il paese in se, abbarbicato sulla cima di una collina prospiciente Amalfi, quanto per la presenza nel suo territorio comunale di ville patrizie ricche di giardini e spazi verdi le quali, oltre ad avere architetture interessanti, hanno una costante comune: l'affaccio sul mare.
Il mar Tirreno del golfo di Sorrento è li ai tuoi piedi, la costa appare quasi sempre ben delineata all'orizzonte e si specchia nel blu del mare con riverberi di luce sfumata del meriggio: questa vista è ovunque.